I contratti collettivi possono solo individuare un termine maggioreGia
Le dimissioni di fatto decorrono dopo 15 giorni di calendario di assenza: i contratti collettivi possono soltanto incrementare tale durata, ma non ridurla. Le norme che già regolano i licenziamenti per assenza ingiustificata continuano a trovare applicazione solo per il recesso dal rapporto, secondo le ordinarie regole sui licenziamenti: se si vuole introdurre un diverso termine per applicare la nuova procedura, gli accordi collettivi devono disciplinarlo espressamente.
Con queste indicazioni il ministero del Lavoro, con la circolare 6/2025, offre un chiarimento importante sulla nuova disciplina delle dimissioni di fatto, introdotta dalla legge 2023/2024 (Collegato lavoro).
Secondo la circolare, l’effetto risolutivo dell’assenza ingiustificata protratta oltre il termine legale non discende automaticamente dall’assenza, ma si verifica solo nel caso in cui il datore di lavoro decida di prenderne atto, valorizzando la presunta volontà dismissiva del rapporto da parte del dipendente.
Per quanto concerne la durata dell’assenza, il Ministero ritiene che i giorni possano intendersi come giorni di calendario, ove non diversamente disposto dal Ccnl applicato al rapporto di lavoro. Quello individuato dalla legge, secondo la circolare, costituisce il termine legale minimo perché il datore possa dare specifica comunicazione dell’assenza all’Ispettorato territoriale del lavoro. Nulla vieta, dunque, che la comunicazione all’Ispettorato possa essere formalizzata anche in un momento successivo.
Il Ministero fissa un paletto importante all’ autonomia collettiva: se il Ccnl applicato prevede un termine diverso da quello contemplato dalla legge, lo stesso troverà applicazione solo ove sia superiore a quello legale, in ossequio al principio generale per cui l’autonomia contrattuale può derogare solo in melius le disposizioni di legge. Un indirizzo interpretativo molto prudente che, pur non avendo forza di legge, dovrà essere tenuto in considerazione da tutti gli operatori, essendo vincolante per gli organi di vigilanza.
La circolare precisa altresì un tema molto dibatto in queste settimane, cioè il rapporto con le regole disciplinari già esistenti. Secondo il Ministero, ove esistano norme collettive che riconducono a un’assenza ingiustificata protratta nel tempo – di durata variabile, anche inferiore ai quindici giorni previsti dal collegato – conseguenze di tipo disciplinare, queste sono utilizzabili solo per attivare la procedura di licenziamento prevista dall’articolo 7 della legge 300/1970, mentre non sono efficaci ai fini delle dimissioni di fatto.
Questo significa – come avevamo messo in luce su queste pagine – che i contratti collettivi, per rendere operative le norme del collegato lavoro, dovranno disciplinare espressamente la fattispecie delle dimissioni per fatti concludenti, stabilendo un termine diverso – e più favorevole, secondo il Ministero – da quello fissato dalla norma per ricondurre all’assenza ingiustificata l’effetto risolutivo del rapporto.
La circolare precisa, infine, che la procedura telematica di cessazione avviata dal datore di lavoro, viene resa inefficace se il datore riceve successivamente la notifica da parte del sistema informatico del Ministero dell’avvenuta presentazione delle dimissioni (anche per giusta causa). Con riferimento alle conseguenze di tale cessazione, infine, viene precisato che il datore può trattenere, dalle competenze di fine rapporto da corrispondere al dipendente, l’indennità di mancato preavviso contrattualmente stabilita.